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Copyright e opere di pubblico dominio, sempre più classici non hanno proprietà intellettuale. A inizio 2022 è stata la volta, dopo 96 anni, di Winnie The Pooh. Ora tutti potranno usarlo per le proprie opere.

Copyright, sempre più classici senza proprietà intellettuale

È ufficialmente iniziato il processo di liberazione di tutte le proprietà più grandi al mondo. In questo 2022 è stao il turno di Winnie The Pooh, opera del 14 ottobre 1926, ormai entrata nel pubblico dominio americano. Il romanzo  di A. A. Milne e le sue illustrazioni, non sono più coperte da copyright perché trascorsi un numero di anni dalla sua creazione dopo i quali decade il diritto d’autore su un’opera dell’ingegno. Di conseguenza, tutti possono usarlo per le proprie opere intellettuali. Chiunque potrà illustrare una storia sull’orsetto che trascorre le sue giornate mangiando miele e componendo poesie.

Per i prossimi anni si avranno nuove opere di pubblico dominio in America. La più grende attesa è per il 2024 quando sarà il turno di Topolino. Disney è già al lavoro per studiare una soluzione al fatto. Non può rischiare infatti di perdere il simbolo e la sua maggiore fonte di reddito, sia per cartoni e film che per il merchandising. Oltre a questi titoli, entreranno nel pubblico dominio anche i romanzi “Assassinio di Roger Acroyd” di Agatha Christie e “Fiesta (Il sole sorgerà ancora)” di Ernest Hemingway. 

Le criticità dell’editoria

Quello del decadimento dei diritti commerciali è una criticità che attanaglia l’editoria e il mondo dell’intrattenimento. Nuovi scrittori e studi potranno utilizzare a loro piacimento i personaggi dei più classici che hanno fatto la storia. Un fatto che ha prodotto un enorme clamore tra il pubblico. Chiunque può utilizzare i protagonisti per una nuova opera senza dover pagare alcun costo. Si salva il character design e le storie realizzate che restano coperte da Copyright poiché trasposizioni ed adattamenti successivi delle opere originali. Quello previsto negli Stati Uniti è il periodo più lungo e indipendente dall’eventuale dipartita dell’autore. In Italia, così come nella maggior parte dell’Europa e Sud America, il copyright su un’opera scade invece dopo settanta anni dalla morte del creatore.

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