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OFFIDA – Manca poco più di una settimana all’uscita del protagonista indiscusso del Carnevale offidano. Nel frattempo, in attesa del fatidico venerdì 13 febbraio, lu Bov fint si sta rifacendo il look. C’è infatti una sarta che ogni anno – conoscendo tutti i trucchi del mestiere e avendo la stoffa adatta – aggiusta o fa un nuovo vestito al bove. Per questa edizione pare bastino alcune riparazioni. Inoltre alcuni ragazzi sono all’opera da diversi giorni per ripristinare il tipico cordone, i fiocchetti rossi delle corna e la struttura. Gli offidani ci tengono molto ai tipici colori della festività che sono il bianco e il rosso.

“Al Carnevale di Offida – commenta Tonino Pierantozzi, presidente della Pro Loco – non si va per vedere o assistere a qualcosa, ma per partecipare. Le vie del paese si tingono di bianco e di rosso. Anni fa il bordo esterno della piazza era incolore, mentre il centro si arricchiva grazie ai guazzarò. Oggi, sempre di più, anche i non offidani indossano la tipica veste carnevalesca e sia noi, Pro Loco e amministrazione comunale, che invitiamo tutti, proprio tutti, a metterla”.

LU GUAZZARÒ – È una forma dialettale di guazzarone o guazzone, un capo di vestiario di tela, simile ad una tunica, che uomini e donne indossavano durante il lavoro nei campi, come abito da fatica. Per tradizione, nelle campagne, l’innamorato raccomandava, scherzosamente, alla sua bella: “famme lu guazzarò, ma fammelo curt/sennò le vacche me lo mbracchia tut” (lo sporca tutto). L’uso del guazzarone scomparve agli inizi del 1700, ma seguitò ad essere portato a Offida solo durante il carnevale, per evitare di essere sporcati dai v’lurd – le tipiche fascine che infiammano il giorno del Martedì Grasso.
“L’offidano ci tiene – commenta Luciano Casali, coordinatore del Carnevale storico del Piceno – che chiunque partecipi al nostro Carnevale usi un indumento bianco e rosso: basta anche un lenzuolo bianco con in nastro rosso. Certo, se è lu guazzarò, ancora meglio”.
A Offida ci sono i negozi che hanno i guazzarò belli e fatti e di tutte le taglie, se invece lo si vuole personalizzato, basta rivolgersi a una delle tante sarte della città. “Bastano tre giorni per confezionarlo” sottolinea Pierantozzi. In realtà oltre a lu guazzarò – che è storicamente più legato al giorno dei v’lurd – per correre dietro il bove gli offidani, dagli anni ’80, hanno cominciato a usare un altro tipo di vestiario, sempre rigorosamente bianco e rosso. Chi lo chiama “i mutandoni” chi “m’ndura”, sta di fatto che il vestito, formato da una casacca e da veri e propri mutandoni, per il fatto che agevola la corsa, è diventato il prediletto nel giorno del bove.
“La vestizione per il giorno del bove per noi offidani – dice sorridendo Casali – ci trasforma in Peter Pan e ci conduce nell’isola che non c’è. Ancora oggi, nonostante io abbia ho 53 anni, provo una fortissima emozione quando vedo la “m’ndura” stirata e pronta per essere indossata sul mio letto. Mi ricorda quando ero piccolo”.
Sia Pierantozzi che Casali invitano tutti a partecipare al Carnevale più bello del Piceno e non solo, indossando, chiamiamolo così, l’abito adatto per l’occasione.

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