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ANCONA – Giorgio Squinzi è stato lapidario: per la crescita italiana occorre la ripresa dei consumi interni. Si è espresso in questi termini il presidente della Confindustria ad Ancona durante l’assemblea di Federmeccanica: “Dobbiamo metterci a fare seriamente pulizia in casa nostra. Quel poco di ripresa che stiamo vedendo, lo 0,3%, è semplicemente dovuto a fattori esterni: il dollaro, il petrolio, il quantitative easing della Bce”. Squinzi ha puntato per questo il dito sui contratti collettivi nazionali ormai tutti scaduti o in scadenza, che avrebbero riconosciuto aumenti retributivi in misura maggiore rispetto a quanto dovuto, applicando rigorosamente l’indice di previsione dell’inflazione previsto nell’accordo interconfederale del 2009 . “La situazione va superata – continua il presidente – gli aumenti retributivi contrattuali maggiori rispetto a quanto dovuto sono in realtà il frutto dell’andamento negativo dell’inflazione di questi ultimi anni”.In passato invece le imprese erano chiamate ad aggiustare le differenze tra aumenti concessi e aumenti retributivi dovuti, riconoscendo ulteriori aumenti salariali. “Per la prima volta oggi – osserva Squinzi – accade l’inverso e le nostre controparti non paiono disposte a riconoscere questa situazione assolutamente nuova”.

RIFORMA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA – Negli ultimi anni, per Confindustria, sarebbero state poste le basi per relazioni sindacali moderne, ma ora occorre ultimare la riforma della contrattazione collettiva. “Senza riforme non acchiappiamo la ripresa“, commenta di nuovo Squinzi. Il Contratto nazionale di lavoro per l’associazione di categoria dovrebbe però assolvere a un nuovo ruolo di garanzia e tutela, per consentire la distribuzione della ricchezza dove questa viene prodotta, ovvero in azienda. “L’ultimo nostro contratto – ha ricordato Fabio Storchi di Federmeccanica, – è stato rinnovato con una previsione di inflazione del 6%, che a consuntivo è risultata di poco inferiore al 2%. I conti non tornano”. Dall’incontro di Ancona è emerso che servirebbe un “rinnovamento contrattuale”, che tenga conto del contesto mutato in cui le imprese operano per evitare che si mini ancor più la capacità delle aziende di essere competitive e stare sul mercato.

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