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ASCOLI PICENO – L’ufficio postale della frazione di Ascoli Piceno, Venagrande, sembra destinato alla definitiva chiusura. Ad annunciarlo ufficialmente è la stessa azienda di Poste Italiane che ne ha dato comunicazione al Comune. La chiusura è prevista per il 7 settembre 2015, ma dall’Arengo si promette battaglia. A tal proposito, l’amministrazione annuncia di voler effettuare l’impugnazione al Tar dell’atto sopracitato. “Effettueremo un’impugnazione al Tar contro questo provvedimento – afferma il sindaco Guido Castelli – È un atto dovuto nei confronti di tutti i cittadini di Venagrande, che non possono e non devono essere privati di un servizio così importante. Del resto, come Comune ci siamo sempre battuti per scongiurare tale ipotesi, e continueremo a farlo nelle sedi opportune”.

LA VICENDA – L’amministrazione comunale si è già prodigata per cercare di risolvere la questione. A testimonianza di ciò, sono diversi gli atti che vanno in questa direzione. Si inizia con la delibera n°52 del 20 marzo 2015, con la quale la giunta comunale metteva al servizio della cittadinanza di Venagrande l’avvocatura comunale. Si prosegue con la lettera che lo stesso primo cittadino Castelli ha inoltrato, in data 12 maggio 2015, a Gino Frastalli, responsabile area territoriale centro nord Poste Italiane. Nel documento in questione, il sindaco sottolinea come il Comune di Ascoli sia disponibile ad offrire un locale per poter ubicare l’ufficio postale, al fine di garantirne l’apertura tutti i giorni o in via subalterna a giorni alterni, il tutto senza costi di affitto. Ma la proposta sembra non essere stata accolta. “Personalmente sono assolutamente contrario all’atteggiamento tenuto da Poste Italiane – spiega il consigliere comunale Marco Cardinelli – un comportamento che va a ripercuotersi su un paese come Venagrande che già presenta disagi di altro tipo. Quindi condivido appieno la proposta di procedere all’impugnazione davanti al Tar”.

GLI ALTRI COMUNI – Lo scorso marzo si diffuse la notizia che anche altri uffici del Piceno rientravano nel piano di razionalizzazioni di Poste Italiane, tra cui Monsampolo e Colli. Si attivarono immediatamente le trattative coi sindacati perché per i sindaci le chiusure avrebbero penalizzato in maniera pesante le comunità dei centri storici, composte da persone spesso anziane che non possono raggiungere facilmente gli altri uffici del territorio comunale.

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