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Al fine di controllare la correttezza dei comportamenti dei cittadini in materia fiscale, l’amministrazione finanziaria ha a sua disposizione una serie di poteri di controllo, sia formali sia sostanziali.

Controlli sostanziali: di cosa si tratta

I controlli di tipo sostanziale sono definiti come “verifica fiscale” e sono messi in atto dalla Guardia di Finanza o dagli ispettori dell’Agenzia delle Entrate per verificare se il contribuente abbia dissimulato dei profitti o prodotto documenti falsi.

Un controllo che si traduce in una vera e propria “indagine” durante la quale le autorità preposte procedono ad accesso, ricerca, ispezioni, verifiche e altre rilevazioni che ritengono appropriate. Eseguibile nei confronti di persone fisiche, persone giuridiche, enti o società, le verifiche tributarie sono avvertite dai contribuenti come una forma di controllo piuttosto invasivo e psicologicamente provante, tanto da indurlo a cadere spesso in errore anche quando non avrebbe nulla di cui preoccuparsi.

Conoscere obblighi e diritti: come far fronte ad una verifica fiscale

Da qui la necessità che il contribuente sia sempre messo a conoscenza delle regole che definiscono il rapporto con l’Amministrazione Finanziaria in caso di verifica fiscale. Gli obblighi e le garanzie del contribuente, nonché i limiti che non devono essere superati dagli ispettori nello svolgimento della loro attività ispettrice, sono annoverati dall’art. 52 D.P.R. n. 633 del 26/10/1972 e successive modifiche e integrazioni e dall’articolo 12 della Legge 212/2000 (c.d. Statuto del contribuente), proprio per evitare che il verificato possa attuare comportamenti inidonei tali da condizionare negativamente l’eventuale decisione della Commissione Tributaria.

Informazione trasparente e contraddittorio preventivo

Da questa normativa si evince che, pur trattandosi di una vera e propria indagine di polizia amministrativa volta a tutelare l’interesse pubblico contrastando l’illegalità in materia tributaria, la verifica fiscale debba essere fondata su criteri di legalità, economicità, trasparenza e che nel suo svolgimento non si debba prescindere dal riconoscimento dei diritti e delle garanzie poste in essere a tutela del contribuente sottoposto al controllo presso la sua abitazione, i suoi uffici o locali adibiti ad attività commerciale.

Ciò con il principale obiettivo di incoraggiare l’adempimento spontaneo del contribuente e favorire il contraddittorio preventivo, cioè il diritto di difesa da far valere prima che siano emessi avvisi di accertamento a suo carico.

Va da sé, che in molti casi per far fronte agli atti che seguono ad una verifica fiscale è bene avvalersi del supporto di servizi di consulenza professionale (qui un esempio dei servizi di uno studio commercialista di Roma).

Accesso e ispezioni nella verifica tributaria

Atto autoritativo con il quale è dato l’avvio all’attività di accertamento, l’accesso deve avvenire “durante l’orario ordinario di esercizio delle attività e con modalità tali da arrecare la minore turbativa possibile allo svolgimento delle attività stesse nonché alle relazioni commerciali o professionali del contribuente” (art. 12 l.212/2000).

Al principio di ogni verifica tributaria il contribuente (o il professionista che lo affianca) deve accertarsi che gli ispettori della GDF siano in possesso di regolare autorizzazione del capo dell’ufficio da cui dipendono. Diverso il caso di attività promiscua, in altre parole quando la sede della propria attività coincida con la propria residenza: in tal caso per eseguire il controllo è necessario che ci siano gravi indizi di violazione delle norme tributarie e che gli ispettori siano in possesso di un’autorizzazione rilasciata dal Procuratore della Repubblica.

Gli obblighi del contribuente nel corso dell’ispezione

Attività sostanziali eseguite dagli ispettori allo scopo di recuperare il materiale necessario a smascherare l’eventuale evasione fiscale o segnalare la presenza di altre violazioni di legge, le ispezioni prevedono l’esibizione spontanea di tale materiale da parte del soggetto verificato, mentre la ricerca autonoma da parte degli ispettori avviene solo nel caso in cui il materiale mostrato sia incompleto.

Nel caso di perquisizioni più personali, che includono l’apertura di cassetti, borse, casseforti o la lettura di mail e di documenti digitali, è indispensabile un’esplicita autorizzazione del Pubblico Ministero.

Diversamente, il contribuente ha la facoltà di opporsi all’apertura di contenitori di qualsiasi specie, tenendo ben presente però che il materiale (libri, scritture contabili, file, registri) che non viene esibito in questa fase non potrà essere preso in considerazione successivamente come prove a suo favore (5° comma dell’art. 52 del D.P.R. 633/72).

Durata della verifica fiscale

Quanto alla sua durata, la verifica fiscale non deve superare i 30 giorni lavorativi, termine che può essere eccezionalmente prorogato in caso di indagini particolarmente complesse (art. 12 co.5 l.212/2000). Per le verifiche eseguite su lavoratori autonomi o contribuenti in regime di contabilità semplificata, il termine è invece ridotto a 15 giorni, anche se prorogabili di altri 15 in caso ce ne sia effettivo bisogno.

Processo Verbale di Constatazione e diritti del contribuente

La fase conclusiva della verifica tributaria si realizza con la redazione del Processo Verbale di Constatazione (PVC), documento con il quale si mette fine alle operazioni di verifica e si formalizzano le contestazioni, suddividendole per genere d’imposizione (Iva o Imposte sui redditi), per periodo d’imposta e per argomento.

Atto endoprocedimentale con natura giuridica di atto pubblico, il PVC deve contenere “l’indicazione delle persone intervenute, delle dichiarazioni ricevute e delle circostanze di luogo e di tempo nel quale gli atti che documenta sono compiuti” (artt. 126 codice procedura civile e 136 codice procedura penale, qui per approfondire il contenuto degli articoli).

Rilasciata una copia dell’atto al contribuente, questi ha il diritto di non sottoscriverlo, qualora ritenga che il PVC contenga fatti che possano danneggiarlo in fase contenziosa o amministrativa. Tale libertà si configura come uno strumento di garanzia attiva del contribuente, in quanto questi può esercitare così un controllo effettivo sulla correttezza delle operazioni ispettive.

Una volta firmato, oppure notificato dai verificatori il rifiuto del contribuente ad apporre la firma, il PVC diviene di fatto inoppugnabile, anche se il contribuente avrà comunque la possibilità di comunicare le proprie osservazioni e richieste all’Agenzia delle Entrate, unico titolare dell’accertamento, entro un termine di 60 giorni.

Esclusi motivi di particolare urgenza che richiedano il c.d. accertamento anticipato, l’Agenzia delle Entrate non potrà dunque procedere all’emanazione dell’Avviso di Accertamento prima della scadenza del termine suddetto.

Qualora il contribuente ritenga che alcune delle garanzie a lui concesse dalla legge non siano state rispettate dai verificatori durante una o più fasi della verifica fiscale, dovrà necessariamente aspettare la notifica dell’avviso di accertamento per impugnare l’atto, che potrà essere dichiarato nullo dalla Commissione Tributaria.

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