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I Piceni, nostri antenati, erano una popolazione che viveva nella fascia compresa tra Fiume Foglia a nord, Fiume Pescara a sud e arco appenninico ad ovest, nel periodo che va dal 900 a.C. fino al 268 a.C., quando i Romani riuscirono a rompere la loro resistenza.

Il nome di questo popolo deriva da una primavera sacra (ver sacrum), ricorrenza rituale praticata da diverse tribù dell’Italia antica, che prevedeva l’allontanamento di gruppi di giovani consacrati agli dei per fondare nuove comunità; in particolare, i Piceni nacquero grazie alla migrazione di un gruppo di Sabini verso il territorio dell’odierna Ascoli Piceno, seguendo il volo di un picchio verde (picus), animale sacro a Marte e divenuto, oggi, stemma della Regione. Quella Picena era una società che si basava sull’allevamento e sulla coltivazione, ma diede i natali anche a forti guerrieri, raggiungendo l’apogeo nel VI sec. a.C.

 

 

La storia dell’Anellone Piceno

In alcune tombe femminili delle necropoli picene collocate tra fiume Tenna e Tronto, è stato ritrovato un anello in bronzo appoggiato
sul ventre della donna sepolta, chiamato Ruota di Cupra o Anellone Piceno; è un oggetto misterioso, e sul significato esistono tuttora solo ipotesi, datato al VI / V sec. a.C.

Sicuramente, la ruota è da sempre un simbolo associato al femminile e alla ciclicità della vita, al susseguirsi delle stagioni e alle fasi lunari. Alcuni archeologi e studiosi hanno ipotizzato che fosse una sorta di cembalo stilizzato (simbolo sacro alla Dea Madre – Cibele) e che venisse posto sul corpo delle sacerdotesse, come oggetto rituale, anche perché la presenza di questa ruota è sempre accompagnata da un ricco corredo funebre, simbolo di uno status privilegiato nella comunità.

 

 

Possiamo ammirarne esemplari presso il Museo Archeologico di Ripatransone, il Museo del Territorio di Cupra Marittima
e il Museo Archeologico di Ascoli Piceno; gli anelli hanno un diametro che varia dagli 8 ai 22 cm, con un peso che va dai 200 g ai 2 kg; presentano, solitamente, sei nodi che interrompono il fluire della sfera, ma ne esistono anche con quattro nodi. Non sappiamo dunque, se fosse un segnale di fertilità, un oggetto apotropaico (scaramantico) per accompagnare serenamente l’anima della defunta nell’aldilà ed allontanare gli spiriti maligni, o semplicemente un simbolo contraddistintivo della casta sacerdotale femminile; fatto sta che si tratta del più antico simbolo identitario piceno che conosciamo.

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