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Una delle categorie più colpite dall’emergenza Covid è sicuramente quella dei commercianti che, da quasi un anno, sta subendo le conseguenze economiche della pandemia. Conseguenze derivanti perlopiù dai decreti e dalle continue strette che il Governo impone e che costringe tanti ristoratori e titolari di bar e locali a rimanere chiusi.

Per questo, è nata la campagna #ioapro1501, una vera e propria protesta contro le continue chiusure imposte dal Governo. Ecco il punto di vista di alcuni titolari di bar e ristoranti di Ascoli sulla protesta nata sui social, diffusa ormai in tutta Italia.

Ascoli, cosa ne pensano i commercianti in merito a #ioapro

Anche nelle Marche, specialmente ad Ascoli è arrivata la protesta con un’ accoglienza  piuttosto fredda da parte dei ristoratori. Se da un lato sostengono che con i continui “apri e chiudi”, la situazione sia diventata insostenibile, anche per l’insufficienza dei ristori, dall’altro non vogliono violare  la legge, rischiando  sanzioni e multe.

Abbiamo incontrato alcuni di loro per sapere cosa ne pensano a riguardo.

Daniele Fabiani, titolare del Ristorante Vittoria e Presidente della Fipe ( Federazione Italiana Pubblici Esercizi), ha spiegato che “la nostra Federazione ha preso le distanze da questa campagna, di natura, istintivo, che agisce “di stomaco”, con poca  progettualità dietro.

Se da un lato comprendiamo pienamente le difficoltà dell’intero settore, dall’altro sappiamo che protestare illegalmente è controproducente. Questa iniziativa, frutto delle difficoltà e del disagio dell’intera categoria, è lontana  dal nostro pensiero, nonostante di problemi ce ne siano molti: i ristori non sufficienti, i ritardi nella loro erogazione. Anche le continue chiusure schizofreniche e comunicate all’ultimo minuto, non ci hanno permesso di lavorare a pieno; gli utili del solo pranzo senza neanche i weekend sono insufficienti.

Anche solo il calcolare la perdita di fatturato facendo il paragone tra il mese di Aprile 2019 e quello del 2020 è un’assurdità. Il nostro settore è stato pienamente penalizzato, nonostante abbiamo adottato tutte le misure di sicurezza necessarie. Anche i dati relativi ai contagi, dicono che i focolai non derivano certamente dall’apertura dei ristoranti. La nostra, è una categoria che è stata presa di mira sotto ogni punto di vista. Anche per quanto riguarda la comunicazione, oggi non sappiamo se dobbiamo aprire questo fine settimana o rimanere chiusi. L’opinione pubblica è più concentrata riguardo al numero dei contagi piuttosto che alle nostre esigenze e con questo tipo di protesta rischiamo di passare dalla ragione al torto”.

Come ha spiegato Nicky Nardinocchi, titolare di Resarì: “come ristorante, che ha aperto nel 2019, noi siamo stati completamente esenti, da tutto quello che riguarda il mondo degli aiuti economici.  Dall’inizio della nostra attività, siamo stati 5 mesi chiusi e 6 mesi aperti, una vera e propria assurdità, il problema è che le restrizioni continuano e continueranno ancora per molto. In merito alla campagna #ioapro, io sono d’accordo con questa protesta.

Il Governo ha deciso di farci chiudere, di darci delle limitazioni, ci stanno vietando il diritto al lavoro, anche i pochi ristori che arrivano sono circa il 10% del fatturato, è un’ingiustizia clamorosa. Per quanto tempo ancora, riusciamo ad avere le spalle larghe per sopportare questa situazione? Io ancora non ho deciso se aprire o no. Il nostro è un ristorante gourmet, abbiamo bisogno di tempo per preparare e organizzare tutto , vediamo se riusciamo ad aprire, anche a seconda di quello che dirà il Governo con il nuovo decreto”. 

Sono diversi coloro che sostengono questa campagna ma che temono allo stesso tempo, ripercussioni economiche e fiscali. Come affermato da Daiana Grelli, titolare di Coffee Time: “sono favorevole alla protesta, la situazione è diventata difficile soprattutto con questo “apri e chiudi”. Ma non aprirò, preferisco agire con prudenza senza avere conseguenze ne sanzioni” .

Anche Marco Marini del bar Divino, in Piazza del Popolo ha spiegato che, “per me la protesta è giustissima, potremo rimanere aperti benissimo rispettando le diverse regole e senza creare assembramenti, come avviene invece nei centri commerciali, con un numero massimo di persone, come facciamo a pranzo. Perchè non possiamo lavorare anche a cena? Io che ho un locale prettamente serale, mi “hanno tagliato le gambe”, avevo guadagni maggiori e potevo aprire più tardi. Se da un lato quindi, sono d’accordo, dall’altro, mi trovo costretto a non aprire, non voglio rischiare ne di prendere una multa ne di farmi chiudere il mio bar, per cui mi dovrò attenere alle disposizioni del Governo. Ci sono tante cose che noi titolari di locali, abbiamo sopportato, ma per evitare di avere conseguenze, dovremo anche sopportare, ma per non rischiare, siamo costretti a rispettare la legge!”.

Anche Franco Piccioni, titolare dei pub Zio Kinto e Beer Coyote ha ribadito che “sono d’accordo con questa campagna, dobbiamo ribellarci e fare qualcosa per reagire ma tutti insieme, io da solo non  farò più nulla. La nostra categoria è stata colpita duramente da queste restrizioni che lo stato ci ha imposto. Io non aprirò visto che neanche i miei colleghi lo faranno ma sono favorevole a queste proteste. Perché posso aprire a pranzo e non posso aprire a cena con le stesse condizioni adottando tutte le misure di sicurezza?”.

Per  Mariano Lisandrini, titolare del Bar Centrale, di Piazza del Popolo,“è giusto protestare, è un modo per farsi sentire dallo Stato e far capire che noi ristoratori se continuiamo con queste condizioni, non avremo una vita lunga.  Allo stesso tempo però fare una cosa simile a quella che è accaduta a Bologna, da noi è impensabile, non so se i clienti sarebbero pronti a unirsi a noi rischiando una multa, così come se nella nostra città anche gli stessi ristoratori siano disposti a fare questa iniziativa. O si è tutti uniti nella protesta oppure non ne vale la pena!”.

Altri ancora non sono d’accordo con le proteste e vogliono rispettare a pieno regime le normative imposte dal Governo, pur comprendendo le difficoltà del settore.

Come sostiene Fabio De Cesaris del pub “Ostium”, e dei ristoranti, “Piccolo Teatro” e “Atto Secondo al Teatro”, “io sono contrario a questa protesta, purtroppo siamo nel pieno della pandemia, dobbiamo dare priorità alla salute, per questo non aprirò nessun locale, ma  seguirò le disposizioni del Governo, seppur considerandole “radicali”. Inoltre, dobbiamo sopportare anche  la mancata comunicazione  su quello che dobbiamo fare. Sarebbe gradita maggiore chiarezza, così da organizzarci al meglio sia con i dipendenti che in cucina”.

Dello  stesso parere anche Primo Valenti, titolare del “Caffè Lorenz” di Piazza del Popolo, “comprendo tutti i commercianti  che sono disperati a causa di queste chiusure e restrizioni,  come lo siamo tutti, ormai! Però è chiaro che andare contro la legge è sbagliato. Dobbiamo capire che la maggior parte degli italiani che non fanno questo lavoro, la pensano diversamente da noi, perché la paura è tanta. Anche io vorrei aprire, ma andare contro la legge, non è corretto, significherebbe passare dalla ragione al torto. Basti pensare che ad oggi, non sappiamo se questo fine settimana, possiamo aprire oppure no. I miei colleghi che sostengono e approvato questa campagna,  hanno tutte le ragioni ma  secondo me, andare contro la legge, non si può e non si deve fare, non è questa la soluzione. Per questo, noi non apriremo, rispetteremo le disposizioni del Governo” .

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