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Parole-non-dette: quelle di Assunta

Quelle di Assunta, per esempio, che porta male il suo matrimonio sbagliato, dopo che ha scoperto che lui non cambierà, e che continuerà a picchiarla. A piacimento. E non una via d’uscita. Nessuna comprensione, nessuna scappatoia, nessuna rivincita; nessun sollievo. Se non il linimento dell’ostilità, gettata su quell’omone, col silenzio.
Parole-non-dette come migliaia di aghi invisibili perché, nel numero, possano fargli almeno una ferita.
Parole-non-dette come medicamento all’umiliazione, come libere arredatrici dell’Altrove immaginato, dove rifugiarsi durante le botte. Un Altrove silenzioso e accogliente, che s’arricchisce ad ogni percossa: ogni offesa un ornamento; ogni schiaffo un addobbo. E il silenzio, più tenace e determinato ad ogni intimazione a parlare.
Picchiami pure, stupido bestione: ti abbatterò con i discorsi non fatti, affamando il tuo bisogno di capire.

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Nessuna comprensione, nessuna scappatoia, nessuna rivincita; nessun sollievo. Se non il linimento dell’ostilità, gettata su quell’omone, col silenzio…

Parole-non-dette: quelle di Loretta

O quelle di Loretta, che a quindici anni scruta tremante il mondo, con le mani nelle maniche. E con un cuore sempre fuori tempo, e l’angoscia che l’assale, e il viso che va in fiamme, e il bisogno di attaccarsi a qualcosa per non cadere. Il Panico, dice, predatore in agguato senza forma e senza nome; tutto denti.
“Ma cos’hai?” “Non lo so”. E, muta, guardi chi ti chiede per sapere; per poterti aiutare. Ma non lo sai. Il tuo Male analfabeta non sa esprimersi; e tu non sai raccontarti. Ché, quando ci provi, lui ti toglie il fiato e ti allaccia la gola, dove aggrumano le Parole-non-dette.
Come fanno le migliaia di Possibilità ed Eventi che il mondo scarica nel tuo cortile, come mattoncini Lego, colorati e diversi, con cui dovresti formare qualcosa… ma cosa? E magari è quello il predatore tutto denti: la Potenzialità infinita, senza una Logica. Se solo riuscissi a gridarlo.

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… con un cuore sempre fuori tempo, e l’angoscia che l’assale, e il viso che va in fiamme, e il bisogno di attaccarsi a qualcosa per non cadere

Parole-non-dette: quelle di Fabrizio

O quelle di Fabrizio, politico in carriera, senza infamia e senza dubbi. Impegolato in un miele di ambizione e vacuità, esercita uno scilinguagnolo oliato e accattivante; corallo e perline colorate infilate nel nylon invisibile della persuasione. Guardalo com’è bravo a tener su in aria due, tre, dieci periodi contemporaneamente, come birilli del giocoliere, che vanno a ricadergli in mano, guidati dal magico talento dell’affabulatore.
Soggetti-predicati-e-complementi sparati a raffica, in successione micidiale, ma incapaci di generare fatti. Sproloqui caricati a salve e, ogni tanto, un botto, un artificio inoffensivo di polemica, per cadenzare un applauso del pubblico incantato, a rischio distrazione.
E lì, in quei comizi, in quella ridondanza di frasi, le sue miriadi di Parole-non-dette: dove sono i tuoi problemi non citati, le cose che non hai capito, quelle che non ti tornano, le promesse che lui non ti farà e i progetti che non disegnerà.
Nelle Parole-non-dette, il suo amo acuminato, coperto da un lombrico danzante. E fatuo.
Nelle Parole-non-dette, la sua condanna ad essere obliato; senz’appello.

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Guardalo com’è bravo a tener su in aria due, tre, dieci periodi contemporaneamente, come birilli del giocoliere, che vanno a ricadergli in mano, guidati dal magico talento dell’affabulatore

Parole-non-dette: le mie

O magari le mie, di Parole-non-dette. Io che tengo in riserva le obiezioni mentre, senza ribattere, ascolto compiacente te, amico conosciuto, e le tue assurde opinioni. Vedo in esse l’effetto dell’imbonimento e, nella tua convinzione, la carne da cannone della credulità. Ma taccio, perché la tua ingenuità mi sembra inemendabile, e cedo alla comodità di sentirmi intelligente.

E forse dovrei dirti qualcosa, passante sconosciuto, mentre ti comporti da incivile e te ne vai indisturbato nell’indifferenza complice di tutti, ché, in fin dei conti, non è affar loro. L’indignazione si cheta alla prima curva e mi consola essermi risparmiato un confronto, dato che, in fin dei conti, non hai rubato il mio.

E tu, fratello per caso, scusami se mi tengo a distanza dalla tua pena. Sei stato sfortunato e colpito, senza colpa, nella sorte. Il fulmine mi ha risparmiato e avrei la forza e l’occasione per una parola di conforto, tanto più gradita quanto più gratuita e inattesa. Ma, per non suonare falso, dovrei avvicinarmi ai fili del tuo dolore, e temo che la sfiga si trasmetta attraverso la pietà. Per cui le parole di consolazione le serbo per me, sperando che il mio sguardo distante possa alleviare la tua sofferenza e scontarmi qualche punto d’ipocrisia.

E ora lasciatemi dormire, Parole-non-dette, che ci sarà un motivo, se poi le cose vanno come vanno. Parlare fuori tempo può causare scherno, scorno, danno e brutta fama.

Voce dal sen fuggita, si sa, non si richiama indietro. Però, Parole-non-dette, siete una folla. Per cui, senza prudenza, io questo articolo lo pubblico.

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