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No, non è più quella di prima: oramai è chiaro che non sta bene.
Io la conosco da sempre e lo vedo che è malata, che quasi non è lei.
Prima mi parlava sempre e non esisteva occasione o circostanza non adatta per cui Ella decidesse di tacere e non la sentissi dire, comunque, la sua. Mai banale, mai fuori conversazione, sempre intrigante.

Vi assicuro, una compagnia.

Pensate che perfino sulla banchina della stazione, in attesa del treno, con lei il tempo volava. Anzi, sembra assurdo, ma se veniva annunciato un ritardo ero quasi contento perché potevamo stare un altro po’ insieme e io potevo seguirla con interesse per vedere dove andava a finire con i suoi ragionamenti.
Ma ora sta male, lo vedo, lo so, e io non capisco perché. Né mi so rassegnare.
Come? Volete sapere chi è lei? Vero, non ve l’ho detto perché pensavo si fosse capito.

immaginazione

Immaginando…

Lei, amici miei, è la mia Immaginazione.

E deperisce a vista d’occhio: i miei pensieri sono più ripetitivi, i miei post più umorali, le mie conversazioni più noiose. E se il treno ritarda, chatto qualcosa sul telefonino. Com’è successo?
Non sono sicuro e faccio solo delle ipotesi.

Credo che Ella, così sensibile e fragile, abbia risentito per prima della cupezza dei tempi. Il Covid, certo, e la sua gestione millenaristica e superstiziosa, certo. Ma anche la guerra. ‘E come potevamo noi cantare’ diceva il poeta, per giustificare la scarsa produzione durante il secondo conflitto mondiale. Non solo la vista, ma la semplice idea dei morti per le strade, certo.

Ma è solo questo o la crisi è iniziata prima, come un semplice disturbo cui nessuno faceva caso, nell’illusione che sarebbe passato da sé?

E se Ella fosse stata, invece, avvelenata?

Ma sì, magari con una intenzione, un disegno lucido, metodico, finalizzato alla dominazione. E da parte di chi? E io, ho collaborato in qualche modo?
Forse è proprio così che sono andate le cose.
Tutti noi abbiamo accettato il modello unico, il pensiero unico, l’economia unica. Vuoi vedere che quello che sembrava un desiderabile approdo per governare il caos delle opinioni differenti e disordinate ha avvelenato lentamente, come l’arsenico a basse dosi quotidiane, le nostre Immaginazioni?

L’Immaginazione è mite e creativa, ha bisogno di spazi liberi, detesta i confini e i divieti, non tollera i semafori rossi e le regole del traffico, i divieti d’accesso e i sensi unici.

E questo cibo tossico, che noi le abbiamo somministrato per comodità, le ha tolto l’appetito.
Così Ella sta morendo, nei supermercati, nella politica vigliacca, nella disinformazione a reti unificate, nella desertificazione delle alternative, anche impossibili (perché no), dal momento che nel suo regno l’impossibile non esiste.

immaginazione

Forse tornerò a leggere quei vecchi autori che sognavano di essere portati sulla luna con un colpo di cannone…

Vorrei fare qualcosa.
Esisterà pure una cura per rimetterla su in questo mondo che ha una soluzione per tutto. Ma magari no, e sono proprio le soluzioni, definitive e incontestabili, a ucciderla.
Mi devo decidere.

Forse tornerò a leggere quei vecchi autori che sognavano di essere portati sulla luna con un colpo di cannone oppure a scorrere i disegni dei bambini, se già anche per loro non è troppo tardi, oppure a riscoprire il gusto dell’assurdo e della provocazione a cena con gli amici. A riscoprire lo scandalo. Oppure mandando la mia cagionevole Immaginazione alla palestra della Noia, per ridar tono ai suoi muscoli.
Intanto che ci penso, vi prego: raccontatemi una fiaba.

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